I braccianti scendono in sciopero per rivendicare l'aumento della paga giornaliera, l'eliminazione delle differenze salariali di orario tra le varie zone, l'introduzione di una normativa per garantire il rispetto die contratti, l'avvio di commissioni di controllo: tutti punti di una lotta già combattuta e vinta nel '66. Lo sciopero è indetto, quindi, solamente per richiedere che le normative già stabilite vengano applicate.
Il 29 novembre gli agrari rompono le trattative con i sindacati. I braccianti invadono la strada che porta a Siracusa e la occupano: vengono convinti a desistere da un deputato comunista, Piscitello, che si offre di recarsi dal prefetto - assieme a qualche bracciante ed ai sindacalisti - per chiedere che richiami i rappresentanti degli agrari.
Il prefetto rifiuta, "per ragioni di prestigio personale", poi acconsente a convocare gli agrari, ma per il giorno successivo: "essendo stanco, non era in grado di affrontare un'altra lunga discussione".
La riunione viene fissata per il 30 novembre, ma gli agrari fanno sapere che non si presenteranno, perché stanno aspettando una loro delegazione da Roma. I sindacalisti vengono rapidamente congedati dal prefetto.
Anche il primo di dicembre viene convocata una riunione, ma ancora una volta gli agrari non si presentano.
E' convocato lo sciopero generale.
Il 2 dicembre, Avola è completamente ferma. I braccianti occupano le strade, subito aiutati dagli operai. Verso le 8 del mattino iniziano ad arrivare anche donne e bambini. Il prefetto telefona al sindaco per dirgli che plotoni di polizia stanno già avanzando sulla strada verso Noto, totalmente bloccata dall'occupazione dei braccianti. Il sindaco lo supplica di non dare l'ordine di sgomberare, ma il prefetto lo "invita a cingere la sciarpa tricolore e a collaborare per il ripristino della legalità". Il sindaco prega allora il vice-questore di dare l'ordine di aspettare che lui si rechi sul posto: spera di convincere i braccianti a sgomberare "per tentare di scongiurare ciò che poi è avvenuto", come scriverà nel rapporto immediatamente successivo. Quando arriva sul posto, però, la polizia è già in assetto antisommossa e i fumogeni sono già caricati sui fucili. Il sindaco viene obbligato dai commissari a non passare. Un istante dopo partono i primi colpi. Fumogeni, poi spari. I braccianti credono si spari a salve perché vedono il sindaco subito dopo lo schieramento di polizia, e lanciano sassi. Il fuoco dura 25 minuti.
2 morti e 48 feriti, di cui 5 gravi.
Il deputato comunista Piscitello raccoglierà due chili di bossoli dalla strada.
Esistono due canzoni, su Avola. Una è quella che metto, firmata dal Canzoniere di Rimini ed interpretata da Alfredo Bandelli (che probabilmente ne è anche l'autore, ma non era iscritto alla SIAE quindi gli hanno fregato più o meno tutto). L'altra è di Dario Fo, ed è nel suo strepitoso spettacolo "Ci ragiono e canto". Ma come canzone, è un po' meno bella.
AVOLA, DUE DICEMBRE
Due dicembre, giorno bianco
per la gente in ufficio
e che si vede passare
solite carte e fatture.
Due dicembre, giorno bianco
per mia madre in cucina,
che cantando prepara
il pranzo e la cena.
Due dicembre, giorno nero
per la gente che è stanca
e che scende nelle strade
perché vuole un po' di pane.
Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.
Ma si sa, si sa che,
ma si sa, si sa che
loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.
Loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.
Due dicembre, giorno bianco
per mio padre, che è sereno:
oramai è assicurato,
ogni mese paga lo Stato.
Due dicembre, giorno bianco
per la gente che è tranquilla
e che approva con la testa
quello che scrive la stampa.
Due dicembre, giorno nero
per chi cerca una risposta,
per chi agisce e più non parla
e si difende come può.
Due dicembre, giorno nero
per chi chiede un aumento
e la risposta è solo una,
la risposta è di violenza.
Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.
per la gente in ufficio
e che si vede passare
solite carte e fatture.
Due dicembre, giorno bianco
per mia madre in cucina,
che cantando prepara
il pranzo e la cena.
Due dicembre, giorno nero
per la gente che è stanca
e che scende nelle strade
perché vuole un po' di pane.
Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.
Ma si sa, si sa che,
ma si sa, si sa che
loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.
Loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.
Due dicembre, giorno bianco
per mio padre, che è sereno:
oramai è assicurato,
ogni mese paga lo Stato.
Due dicembre, giorno bianco
per la gente che è tranquilla
e che approva con la testa
quello che scrive la stampa.
Due dicembre, giorno nero
per chi cerca una risposta,
per chi agisce e più non parla
e si difende come può.
Due dicembre, giorno nero
per chi chiede un aumento
e la risposta è solo una,
la risposta è di violenza.
Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.
1 commento:
ma un file mp3 per sentirle anche, è un casino?
e l'altra canzone, sì, è meno bella di testo: ma "li hanno pagati xxx lire al chilo, come il filetto" è una strofa storica, di quelle che non puoi non pensarci ogni volta. ogni volta che risuccede, intendo, che sia in piazza o alla Thyssen
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