giovedì 28 settembre 2006

Poesia: 1943

E quando sei felice mica c'è una spiegazione per le cose che fai, o per le poesie che ti va di mettere. Sei felice e basta.


1943
Guardo un ginocchio la terra
guardo l’erba
guardo l’insetto
guardo l’istante fiorito e azzurro
sei come la terra di primavera, amore
io ti guardo.

Sdraiato sul dorso vedo il cielo
vedo i rami degli alberi
vedo le cicogne che volano
sei come il cielo di primavera, amore,
io ti vedo.

Ho acceso un fuoco di notte in campagna
tocco il fuoco
tocco l’acqua
tocca la stoffa e l’argento
sei come un fuoco di bivacco all’addiaccio
io ti tocco.

Sono tra gli uomini amo gli uomini
amo l’azione
amo il pensiero
amo la mia lotta
sei un essere umano nella mia lotta
ti amo.
(N. Hikmet)

Comune-ty e felicità

La gente che mi legge lo sa, che è difficile rendermi felice. Che è difficile che io sorrida tutta contenta, o che fischietti, o che canticchi. Però la gente che mi legge sa anche che quando sono felice sono felice tutta, non sono felice che dopo un po' me ne dimentico. E allora, io oggi sono felice. Ché già era una giornata iniziata bene, e persino a scuola mi ero divertita, ma il seguito si prospettava come una giornata di quelle tranquille tranquille, senza particolari sprazzi di gioia. Invece uno torna a casa e va a leggersi tutti i blog della nostra Comune-ty. E ci trova dei post belli, ma belli, e soprattutto che non si aspettava. Perchè io sono chiusa, talmente chiusa che neanche il profilo ho scritto. Ma c'è qualcuno che è più chiuso di me, che è mio fratello paolin pescatore. E allora, quando uno legge un post di suo fratello paolin pescatore non si aspetta che abbia scritto una cosa così. E quella cosa già la rende felice. E poi uno va sul blog della sorella lanessie, che invece chiusa non è proprio per niente, e ci trova un post che anche quello è strano, che anche quello uno non se l'aspetta. E a quel punto io sono diventata felice tutta.
E io non lo so se prima o poi questa Comune la facciamo veramente, e a me piacerebbe che sì, però bisogna vedere se riusciamo. Ma per adesso c'è la Comune-ty, e io sono felice lo stesso.

mercoledì 27 settembre 2006

La luna


Allora. Io metto questo post qui, che è luuungo, per essere un post. Però è un racconto-delirio che ho scritto un pochino di tempo fa, e di fare il racconto-delirio a puntate tipo Dickens mi sembrava una cosa un po' tanto pretenziosa. Allora io lo metto tutto insieme, e poi lo leggete quando avete tempo e siete lì ad aspettare gente per lavorare o che si carichi uno stupido programma per una stupida tesi, ad esempio. Oppure non lo leggete affatto, che tanto mi imbarazza e non volevo neanche metterlo, ma poi lastreganocciola me l'aveva chiesto e allora lo metto lo stesso.
Ah. Quando torno a casa, in macchina, con Paolino, e non parliamo o parliamo di informatica, armi, aerei, burocrazia o crocerossa, lo facciamo perchè a noi ci piace, non perchè siamo squallidi. E ci piace anche un sacco stare in silenzio, a me e a mio fratello.


"Voci di strada, rumori di gente, mi rubarono al sogno per ridarmi al presente..."
Il caro, vecchio De Andrè. Che poi a me De Andrè non è che faccia impazzire. Cioè, mi piace, e lo cito spesso, perchè era veramente un poeta. Ma ciò non toglie che sia un copione. Un poeta-copione. Del resto, neanche l'Odissea era roba di Omero. Anche lui l'aveva scopiazzata ben bene. E "Il sogno di Maria" è una di quelle canzoni che mi vengono in mente quando sono soprappensiero, e un bambino, giù in cortile, gioca con il nonno, tenero, più il nonno del bambino, in verità, perchè il bambino è "piccoli kapò-nazisiti crescono" style. E io ero qui a pensare, giocando a Lux, che non è che ci voglia questa gran concentrazione, però intanto che pensi fai qualcosa e non ti sembra di aver proprio perso la giornata. Perchè poi dici "Ah, oggi cos'è che ho fatto?" Ho distrutto le armate di Bolsen. Che poi, in Lux, i cattivi sono i comunisti. Che sono neri, perchè le armate rosse le ho scelte io. Ma va bene così. Invece, poi, quello che hai fatto tutto il giorno non è stato distruggere Bolsen, ma pensare, che è una cosa molto più utile, e produttiva, e meno anticomunista, soprattutto se a pensare sono io. Che poi, quando sto qui a pensare mentre distruggo Bolsen, non è che pensi di politica, o di storia, o proprio niente di tutto questo. Penso ampiamente ai fatti miei, e spesso mi deprimo, perchè quando penso ai fatti miei mi viene su una tristezza perchè sono qui a distruggere Bolsen invece di fare tutto quello che mi piacerebbe fare nella vita, e dovrei fare, così tutti i sogni che ora sono solo sogni magari diventano realtà, no? No. Perchè una delle cose più importanti per me è pensare, e quindi non sto affatto sprecando tempo, anzi. E fuori adesso è tutto buio, ma non proprio buio, c'è la luce che mi piace di più proprio in assoluto. C'è il buio tutto sopra di te, poi c'è una casa, e subito dietro la casa c'è chiaro, che allora ti viene voglia di uscire, e raggiungere il chiaro, ma il chiaro non lo raggiungi, perchè è come la luna, lo scuro ti segue, e detto così sembra un pensiero depressissimo, proprio depresso depresso, con la luce che non si può raggiungere e il buio che ti segue ovunque tu vada. Invece questo è così solo se lo guardi inquadrato in questa logica illuminista che ci tiriamo dietro dal medioevo (sì, lo so che l'illuminismo non c'entra assolutamente niente col medioevo, ma il senso si capisce, no?), ma per me, per me che il buio mi piace, tutto questo è fantastico. E' come la luna, che la guardi dalla macchina mentre te ne stai andando da Stavros, dai finestrini della macchina di Paolino, che sono i finestrini peggiori del mondo perchè il cielo praticamente non si vede, ma tu ti sporgi per vedere la luna e la vedi, dalla sopraelevata, che non è affatto romantica, ma con la luna tutto sembra bellissimo, anche la sopraelevata, e quando la chiuderanno mi mancherà il mio paesaggio romantico, che vedo solo io, perchè non è che dico "guarda, la luna sulla sopraelevata, che bella!", perchè mi prenderebbero per scema. E poi, a un certo punto, giri una curva, o scendi dalla sopraelevata, e arrivi in via Gramsci, con tutte le luci, e gli arabi, e le prostitute, e l'edicola che sta aperta la notte perchè vende riviste porno, e la luna non la vedi più, e invece vedi tutta questa gente, la gente della notte, che a volte è persino più romantico, perchè non è che capiti spesso, ma quando vedi una coppia di sudamericani che si baciano, tamarri come solo i sudamericani dei vicoli sanno essere, e sono innamorati, e lei ha 14 anni e sta già aspettando il secondo bambino, be', quello è uno spettacolo romantico. Però la cosa brutta è che quando scendi dalla sopraelevata, e prima c'era la luna, è raro vedere una coppia di innamorati sudamericani. Più spesso vedi il marocchino che picchia la donna, il tossico che si buca in mezzo alla strada, i bambini che rincorrono i topi per divertirsi, gli ubriachi che si bevono all'unico bar aperto in via Gramsci. Però anche via Gramsci finisce, e arrivi a Principe, e a Principe sono solo matti, e di romantico non c'è proprio mai niente, solo molto molto squallore, e vai su per il Lagaccio e improvvisamente svolti una curva, passando in mezzo ai due vecchietti calabri che sono venuti qua negli anni '50 e ancora calabro parlano, e i ragazzini sudamericani che si minacciano con i coltelli per le riviste porno e le figurine Panini, e le donne stanche e sfasciate, perchè qui il '68 non è mai arrivato e sembra proprio di vivere in una foto anni '50, e svolti una curva, dicevo, e la luna torna, improvvisamente. E tu non te l'aspetti, perchè in un posto così la luna cosa ci va a fare, che nessuno l'apprezza, sicuro, chi vuoi che si fermi a guardare a luna al Lagaccio? Ma la luna è bella proprio perchè non serve guardarla. La luna è un punto di riferimento, è come la lavagna nelle classi scolastiche, che sai per forza che c'è, o il quadro che è sempre stato in quel posto lì a casa tua, e non è che lo guardi, sai semplicemente che c'è, e ogni tanto ti ci cade l'occhio e dici "ah, già, quell'orrido quadro, guarda, ormai è tutto impolverato, e vecchio, e si sono sbiaditi i colori, ed è proprio brutto, è ora di toglierlo", però nello stesso tempo ti senti a casa. Invece c'è un posto in cui la luna si vede sempre, e dopo che vai via dal Lagaccio, e vai verso casa, di solito in silenzio, perchè quando siamo io e Paolino in macchina c'è quasi sempre silenzio, a meno che non mi stia spiegando robe di armi, di burocrazia, di informatica o di aerei. O, ultimamente, anche di croce rossa. Comunque, quando sei lì, e sei nel posto davanti della macchina, ché ormai tua sorella è a casa, M. è a casa, V. è a casa, l'amica E. è a casa, e anche tu stai andando, e finalmente hai un finestrino decente, a un certo punto fai una salita, che non sembra salita a farla in macchina ma poi ti accorgi che lo è, perchè alla fine della strada non si vede niente, quindi è salita per forza. E quando arrivi a quel punto che non vedi da giù, perchè la strada è in salita, vedi la luna. Sempre. E' uno spiazzo dove ci sono i lavori da quando io me lo ricordi, che sì che non ho 85 anni ma qualcuno di meno, ma comunque per un cantiere non è poco. Poi sulla destra c'è una chiesa, che non so che chiesa sia ma è veramente brutta, con quel colorino rosa mandarino da chiesa. E poi quella chiesa non ha neanche una porta, quindi non è una chiesa, in realtà, è il muro di una chiesa che non so dove sia veramente. E comunque, prima della chiesa, c'è tutto un pezzo di marciapiede sgombro, che ha una ringhiera, perchè se no cadi giù e giù c'è corso italia con tutti gli albarini in coca che vanno al Makò e intasano la strada e fanno casino e poi si vanno a schiantare, ma a me non è che poi dispiaccia tanto, a parte quando tirano sotto i bambini o quando poi deve andarli a recuperare Paolino alle 4 di notte svegliandosi con la sirena e la luciazza neon negli occhi che sembra un bombardamento aereo e invece è solo un altro albarino in coca che si è andato ad uccidere. E oltre questa ringhiera, comunque, c'è il mare. Perchè sotto sotto c'è corso italia, ma tu dalla macchina non lo vedi, perchè è proprio sotto e mica abbiamo la macchine e le strade trasparenti, che riesci a vedere sotto dove stai andando. Invece abbiamo degli ottimi finestrini che ci permettono di vedere in orizzontale, e in orizzontale c'è il mare. Che io lo so, che c'è il mare, perchè sono un sacco di anni che più o meno spesso faccio quella strada, e so che c'è il cantiere, e la chiesa rosa mandarino, e il marciapiede con la ringhiera così non cadi in corso italia e poi il mare. Ma quando ci passo con Paolino, che è notte, ed è buio, mica si vede che c'è il mare. E si vede invece tutto il cielo, che è nero, o grigio, ed è bello, sempre, e poi una macchia nera nera, che se non sai che è il mare può anche essere la fine del mondo, o un enorme macchia di petrolio, che forse è un modo meno romantico per dire la stessa cosa. E invece no, è proprio acqua. E su quell'acqua c'è sempre a luna, che si vede che anche a lei le piace quel posto lì, che da come l'ho descritto sembra tutto molto romantico, ma non è romantico per niente perchè subito dietro c'è un tabacchino che fa 24 ore, e ci sono sempre le code di macchine in terza-quarta-quinta fila dietro al curva, e in quel posto lì rischi sempre di morire, se non lo sai che ci sono gli albarini in astinenza da nicotina che si fermano lì dietro la curva perchè fare due metri a piedi non si può. E non sanno cosa si perdono, perchè a fare i due metri a piedi vedrebbero quella luna, e quel mare, e quel nero, e quel bianco, che è proprio bello, ma se sei albarino non lo capisci e vedi solo il muro della chiesa rosa mandarino e la farmacia di fronte, e il tabacchino dove finalmente placherai la tua astinenza da nicotina. Invece c'è sempre qualcuno fermo alla ringhiera, che guarda il nero, e il bianco, e la luna e il mare. E io tutte le volte che passo di lì con Paolino mi viene voglia di scendere e andare a mettermi vicino a questi tipi appoggiati alla ringhiera, senza parlare, perchè se uno è appoggiato alla ringhiera a guardare la luna e il mare è sicuro che non ha voglia di parlare, però io a queste persone qui voglio proprio bene, perchè sono persone che hanno capito un sacco di cose nella vita. Che poi magari di giorno sono noiosissimi bancari, o magari anche luridissimi direttori di call center, ma io non credo, perchè se uno si appoggia alla ringhiera per vedere il mare e la luna può anche essere lurido, ma sicuro è un poeta. Magari non sa neanche di esserlo, magari è lì per portare fuori il cane, o ha litigato con la tipa ed è lì a sbollire la rabbia, o è depresso punto e basta, o sta tornando a casa dopo una serata passata in qualche bar fighetto. Però, se dopo che hai fatto tutte queste cose passi di lì e hai voglia di fermarti, e non di andare a casa il più in fretta possibile, sei comunque un gradino sopra gli altri, e tutte le volte che passo di lì con Paolino mi viene voglia di fermarmi e di dirglielo, magari lasciando un bigliettino, così da non disturbare, perchè se uno è lì sta pensando, e non c'è niente di peggiore di uno che ti parla mentre stai guardando il bianco, il nero, il mare e la luna e pensi. Che poi tutte queste cose che ho scritto io le penso per quei 3-4 secondi che dura il pezzo con il mare, mica di più, e poi sto già pensando a qualcos'altro, per esempio com'è squallido il parcheggio della Ekom che c'è 3 metri più avanti. Però c'è una cosa importante: che com'è squallido il parcheggio ella Ekom 3 metri più avanti non lo penso tutte le volte che passo di lì, mentre com'è bello il bianco, il nero, il mare, la luna, e come sono belle le persone che stanno lì a guardarlo sì. Perchè secondo me, quando faremo il test per migliorare l'umanità, e chi non risponde bene lo mandiamo in qualche altro posto sicuramente disabitato, che non mi va di fare del male ai poveri alieni, una delle domande più importanti che dobbiamo fare è chiedere se si sono mai accorti di quanto sia romantica la luna nei posti meno romantici che ci siano. Perchè tutti, prima o poi, hanno guardato la luna dalla panchina del parco, o dal terrazzo di casa, abbracciati all'amante, e hanno pensato "com'è romantico". Ma questo non conta, perchè poi uno certe cose è anche indotto a pensarle, perché quando vedi tutti i film, e leggi tutti i libri, e senti tutti i racconti, e le scene più romantiche sono sempre sulla panchina del parco guardando la luna, sei proprio scemo se quando sei lì non lo pensi, e ti senti sbagliato, e poi è vero che la luna vista da una panchina è romantica. Ma invece nessuno ha mai scritto che la luna vista dalla sopraelevata è romantica, perchè nessuno lo pensa, e anche perchè nessuno si è mai seduto sulla sopraelevata o, se qualcuno l'ha fatto, non può raccontarcelo. Allora, quando decidiamo di migliorare l'umanità, noi prendiamo una macchina, che anche se non è quella di Paolino è uguale, e portiamo tutti sulla sopraelevata in un'ora compresa tra l'una e le quattro del mattino. E gli facciamo fare la strada che da Stavros arriva al Lagaccio. E poi lo facciamo scendere e gli chiediamo cos'ha notato e cos'ha pensato sulla sopraelevata. E se risponde la luna, non serve neanche che si vada avanti coi test, quello è un buon uomo per l'umanità. Se invece ti risponde "cercavo di capire che pezzo di musica unza unza fosse quello della macchina che ci è passata vicina", lo mandiamo in qualche altra galassia, che magari si trova bene lui ma sicuramente ci troviamo meglio noi.
Poi, dopo la chiesa rosa mandarino, la luna non la vedo più per un po', perchè ci sono tutta una serie di muraglioni bruttissimi, tra cui quello della caserma dei caramba dove c'erano i cecchini al G8, che tutte le volte che lo vedo mi mette un po' d'ansia perchè è veramente immenso, e allora mi distraggo, mi viene fuori la mia anima politica e non penso più alla luna. Poi arriviamo nella via dove abito, quando Paolino si ricorda di girare e non sbaglia strada, e dalla via dove abito in teoria si dovrebbe vedere, la luna, perchè se prendi la strada in discesa vedi proprio tutto il mare davanti. E invece no, perchè, come ho detto, la strada è in discesa, e quando la macchina va in discesa tu mica riesci a vederlo bene il cielo, e quando io faccio quella strada lì con Paolino in macchina di solito sono l'una-le due e la luna è già alta e non la vedi così. E allora poi Paolino si ferma davanti al cancello, e io gli do il bacino della buonanotte, e prendo le chiavi, e metto la chiave rossa nel cancello, e la metto sempre nel verso sbagliato, allora la tiro fuori, la rimetto, spingo il cancello, mi giro per salutare Paolino che si è fermato a controllare che io entri e poi rivedo la luna. Perchè io, tra il cancello e il portone, ho un pochino di strada da fare, che mi piace un sacco perchè posso pensare alla serata e sentire l'odore di erba, e di alberi, e di pioggia quando c'è che è il mio preferitissimo, e poi posso vedere la luna. E la vedo, e sorrido, e poi entro nel portone e non la vedo più, perchè probabilmente la tapparella in camera mia sarà già giù, quindi quella è l'ultima volta che vedo la luna quella sera, e quindi quella luna lì, perchè la sera dopo la luna è diversa. E però quello non è romantico, è vagamente triste, perchè è l'ultima volta, e poi sto camminando, e mica posso guardarla fissa, che se no vado a sbattere contro il metronotte e rischio che mi spari dallo spavento. E allora guardo la luna, le do proprio un'occhiata, per farle vedere che mi ricordo di lei, che lei è importante, ma non è in quel momento che la sento mia. Perchè poi penso che la luna sia la cosa più personale del mondo, e quando sei riuscito ad avere la tua luna, proprio tua che non la confondi con nessuno, e non la puoi neanche prestare, perchè la tua luna è proprio tua, è in quel momento che sei felice.

Del leggere le poesie

Io è raro che legga poesie. Io le poesie le guardo. Poi ce n'è una che mi piace il titolo, o com'è scritta, nel senso dell'impaginazione, degli spazi bianchi e della lunghezza delle parole, e a quel punto la leggo. Però la cosa migliore delle poesie è che non devi per forza leggerle tutte, con attenzione. Le poesie si possono spiluccare, si possono leggere 3 versi sì e 5 no, e sono belle lo stesso. E poi per leggere le poesie ci vuole pochissimo. E questa è la cosa migliore. Perchè tu puoi leggere una poesia mentre stai facendo i compiti, e non ti distrai. Oppure prima di dormire, ma senza fare tardi. O, ed è la cosa migliore, quando sei lì che ti rigiri nel letto senza prendere sonno. E allora puoi leggere una poesia. Senza neanche accendere la luce. Anche solo con l'illuminazione del cellulare, una poesia si legge.

Poesia: La fucilazione


Che Gianni Rodari mica scriveva solo filastrocche o epigrammi per i fratelli Cervi. E allora questa è una di quelle che sono chiamate "poesie per adulti". Che secondo me sono le più belle.

FUCILAZIONE

Un bambino faceva le bolle di sapone
dalla finestra quando mi fucilarono
sulla piazza piantata di alberi senza nome,
una mattina deserta con poco sole
tra i rami secchi che non trattenevano le voci,
tra quinte grige di imposte sprangate
oscillavano effimere formazioni, grappoli
subito disfatti in acini trasparenti.
Un bimbo, solo una tenera macchia viva
in un rettangolo nero,
c'era un vasetto rosso sul davanzale,
la sola cosa rossa in quel giorno tutto grigio,
io non potevo vedere i suoi occhi
sentivo la sua anima appendersi dondolando
in cima alla cannuccia di paglia,
staccarsi con un brivido, volare in silenzio,
trattenere il fiato per pregare il vento,
attraversare il poco sole in punta di piedi,
rapita in una smorfia di felicità.
I miei carnefici gli voltavano le spalle,
nessuno di loro poté vedere le sue mani
sollevarsi in adorazione quando una bolla
più gonfia, la più bella di tutte,
partì dal davanzale come un pianeta di cristallo
e prima di scendere salì verso il tetto
come una preghiera, come una favola,
piena d'ogni dolcezza che non si può perdere,
intatta e vera per il suo tempo giusto,
non ci sono abbastanza plotoni d'esecuzione
in questo mondo e in ogni altro
per fucilare tutte le bolle di sapone.
(G. Rodari)

martedì 26 settembre 2006

Poesia: Lettera mortale


Una poesia distruttiva. A me piace tantissimo. La lettera a cui si riferisce è un invito che Pablo Neruda aveva iniviato al suo amico Gabriel Celaya. Una settimana prima del golpe.

LETTERA MORTALE
Pablo:
in mezzo all’oceanico ti dico
che no, non ci vedremo.
Il tuo invito è arrivato un po’ tardi
e, chissà, forse è per questo che sono ancora vivo.
Arrivò con la tua amicizia e sembrava
che come anni addietro, là in “Correos”
presso Cibeles, o più tardi,
in Sao Paulo, ti ricordi?, tutto sarebbe stato facile.
E bada, quando già stavo facendo la valigia,
invitato da te, dagli amici, da un Cile che cresceva
mi giunse la notizia – sembrava impossibile – .

E adesso, come spiegarti e spiegare a me stesso
questo immenso disastro, questa assurda tristezza,
questa farsa regnante di Pinochet e dei suoi?
Però tu ben sapevi della verità ribelle
che sovrasta ogni cosa, dal fondo del fondo
di quel metallo del popolo che nessuno può seppellire.
E poiché sei tu che mi hai dato la fede, lo vedi, sto facendo
ancora una volta la valigia per tornare in Cile.
Perché, chi potrà seppellire la verità che insorge,
la luce che è solo luce e l’aria che è solo aria?
Ci vedremo assai presto. Ci daremo la mano.
Tu forse non ci sarai. Magari io sarò morto.
Che importa. Ci saranno due uomini: un basco e un cileno.
(G. Celaya, 8 febbraio 1975)

Il post su commissione: la streganocciola chiede cosa stiamo aspettando

Aspetto una risposta che non arriverà e non so neanche se sia mai stata scritta.
Aspetto la neve.
Aspetto il teletrasporto.
Aspetto il pane caldo la mattina. Con la marmellata di arance.
Aspetto il prossimo spettacolo G29.
Aspetto un treno da Milano.
Aspetto il nuovo Julia.
Aspetto che Benigni torni a fare politica. Come nel '94, però.
Aspetto Moni Ovadia che fa Brecht, Celestini con la lotta di classe e Paolini contro la Tatcher. Ma aspetto insieme a qualcun altro.
Aspetto un kebab con la sorella.
Aspetto un bel concerto.
Aspetto una bella serata da Stavros. Di quelle in cui si canta.
Aspetto delle versioni di latino sulla Resistenza, e non sui Salii e altre muffe così. E anche quelle di greco.
Aspetto la ristampa di tutti i Dischi del Sole.
Aspetto la traduzione giusta di latino, ora come ora.
Aspetto una poesia.
Aspetto un SMS.
Aspetto Guernica da appendere sul muro.
Aspetto una manifestazione bella, di quelle che non se ne fanno più da un bel po'.
Aspetto di andare all'università.
Aspetto un bosco vicino a casa. E un lago.
Aspetto il buio.
Aspetto il '68.
Aspetto il raggio di sole che scalda il divano quando fa freddo.
Aspetto il Natale. Che è bello anche se è una festa consumistica.
Aspetto una lettera da scrivere sotto al piumone.
Aspetto una lettera da leggere sotto al piumone.
Aspetto qualcosa da aspettare, perchè aspettare è molto più bello che avere.

Scarpe rotte eppur bisogna andar


Io la mia giornata la inizio che vado a scuola. Cioè. Io la mia giornata la inizio svegliandomi, un po' come tutti. Però poi, dopo essermi svegliata, alzata, lavata, vestita, mangiata e cartellata, vado a scuola. E io questa qui era una delle cose che odiavo di più della scuola, doverci andare. Perchè fino all'anno scorso era una muffa, perchè dovevo aspettare l'autobus, che non passa mai, e alla fermata c'erano sempre le stesse persone, e mai che succedesse qualcosa di divertente. E poi scendevo dall'autobus, facevo due metri ed entravo in classe. E per altre cinque ore stavo chiusa lì. Poi uscivo, facevo 2 metri in senso contrario e riprendevo sempre lo stesso autobus, con sempre la stessa gente e sempre le stesse cose che succedevano. Invece, l'anno scorso, in primavera, ho iniziato ad andare a scuola a piedi. E da casa mia non è proprio cortissimissima, perchè c'è tuuutta una via in pianura, tuuuutta una via in salita e poi tuuuutta una via in discesa. Però, con la cosa che c'era il sole, e l'aria, e si stava bene, e poi alla fermata dell'autobus mi annoiavo, ho iniziato a farlo lo stesso. E poi, poco dopo, anche il ritorno. E mi dicevo, però, che quando arrivava l'inverno mica potevo più farla, questa cosa qui di andare a piedi, perchè faceva freddo e pioveva e magari nevicava anche. E invece adesso l'inverno è arrivato, o quasi. E andare a piedi la mattina è diventata una delle cose più belle della scuola. Soprattutto quando piove, perchè io, anche se vedo che sta piovendo, l'ombrello non me lo porto. E allora inizio a camminare, mani in tasca, ipoddolo nelle orecchie ("scarpe rotte eppur bisogna andar...") e passi lunghi. Gocce di pioggia sugli occhiali, poca gente per strada e foglie gialle che si appiccicano alle scarpe. E quando arrivo a scuola, sono felice.

Perchè sto facendo questo blog. Perchè mi muffo a sentire tutti che mi dicono che ho un blog che invece non ho. Allora così il blog che non ho diventa un blog che ho e la gente smette di muffare. E poi perchè in realtà ho un sacco di idee, tipo la rubrica delle citazioni e quella delle cose che mi piacciono, che non le scrivo mica tutte insieme, ma quando me ne viene in mente una la metto. E poi le poesie, che era una cosa che avevo già iniziato a fare con Ubuntu, che era il mio blog di emmessenne ma poi ho smesso. E avevo in mente anche qualcos'altro, ma non me lo ricordo più, argh.
Poi.
Perchè questo blog si chiama il gabbiano grigio. Perchè io quest'estate sono andata in Irlanda. E la giornata che mi è piaciuta di più ma proprio di più di più è stata la gita sulle scogliere di Dublino. Perchè pioveva come solo in Irlanda può piovere. E c'era un cielo grigio come solo in Irlanda può essere. E i miei compagnucciucci di viaggio erano arrabbiati col mondo come solo gli italiani possono essere. Perchè pioveva e loro volevano andare a giocare a calcio.
E comunque a un certo punto arriviamo in questo paesino di mare vicino a Dublino, che sembra una paesino di mare di quelli sulle cartoline degli anni '50. E arriviamo su questa scogliera. Che scende giù giù giù a picco sul mare. E c'è il grigio del cielo, il grigio del mare e il grigio anche delle piante, ché sono grigie anche quelle, secondo me solo per conformismo. E tutti i miei compagnucciucci che si lamentano che sono stanchi, e sono bagnati, e hanno fame. Quindi ci fermiamo, e ci dividiamo, e metà (me compresa) va verso un sentierino che porta giù verso la spiaggia, e l'altra metà si ferma a prendere il sole che nel frattempo è spuntato. Che io mi chiedo, come puoi prendere il sole in Irlanda. Ma va be'.
Allora, noi arriviamo su questo sentierino e ci fermiamo a mangiare. Poi quelli che sono con me vanno giù per arrivare alla spiaggia e io mi fermo su, all'imbocco del sentierino, da sola. E inizio a scrivere, che era una settimana intera che non potevo farlo. E mentre sono lì che scrivo, ed è veramente una cosa bellissima, perchè il mare in Irlanda è silenzioso come un lago, e anche fermo, e ha un bellissimo colore, e così anche la scogliera e il cielo, appare davanti a me un gabbiano. Di gabbiani ce n'erano un'infinità, veramente. E facevano tutto il loro casino da gabbiani. Invece questo gabbiano qua era diverso. Intanto, perchè stava zitto. Poi, perchè stava solo. E, infine, perchè era grigio. E io su questo gabbiano qua ho scritto tutta una cosa lunghissima, che non pubblicherò neanche sotto tortura, siete avvisati. Perchè quello lì era il gabbiano anticonformista, e io ero sola, e sentivo le voci dei compagnucciucci che urlavano e litigavano se l'Italia vinceva i mondiali o no, e io il gabbiano grigio l'ho sentito proprio mio.