martedì 30 ottobre 2007

Poesia: Andammo a Reggio Calabria

Andammo a Reggio Calabria; non potevamo
accettare che il fuoco della rivolta fosse in mano
ai fascisti. A Reggio Calabria per schierare
su un unico fronte la gente del Nord e del Sud
operai e braccianti d'Italia: lavoro,
contratto, uguaglianza, solidarietà!

I treni dal settentrione sono lunghi lunghi
lunghissimi e odorano di officina di boschi
di laghi. Avanzano rapidi i treni
tra canti e slogan arrotolati, ecco le carte
da gioco e i fiaschi di vino. "Se sei un compagno
non puoi tenere alla Juve." Le rosse
bandiere come le camicie di quelli sbarcati
a Marsala or sono cent'anni dilagano
nella città: un compagno locale prende coraggio,
ci parla, quell'altro si chuide nei suoi
sentimenti. Le bombe sui treni, e poi
all'albergo, il saluto romano dei giovanotti
che fanno ala al corteo che sfila per Corso Vittorio
le pietre che fischiano dai vicoli stretti
e noi del servizio d'ordine non sappiamo
proprio che fare - che gente è mai questa
che chiede, che esige e morde la mano
che allunga la mano - ai balconi intere famiglie
ridendoci in faccia e di nuovo il saluto romano...
Lasciammo un segno?
Nei nostri cuori,
di certo, gli occhi gonfi d'una emozione
nuova. Sebbene ci sono questioni
che non le risolve la contrattazione:
o butti tutto per aria o è meglio
passare la mano.

(Alberto Bellocchio)


Ha! Allora non c'era solo la Marini...

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