venerdì 5 dicembre 2008


Sperando che a nessuno facciano schifo - a me piacciono quasi quanto le scimmie - è la migliore foto di gruppo che io abbia trovato.
E io ieri mi sentivo propri come se fossi lì in mezzo, che ovunque mi giravo c'era gente e gente e gente. E oggi anche, è un po' così, e altrettanto inaspettato.
Grassie! :)

mercoledì 3 dicembre 2008

Un classico progetto da diciottenne


Premessa 1: Quando io sono depressa e giù e tutta questa serie di cose c'è una ed una sola cosa che mi fa stare bene - quando me la ricordo -. E' archiviare. Ordinare in alfabetico. Elencare documenti. Tutta un'ossessività alfabetica che mi fa stare meglio.

Premessa 2: Tre prof di storia della mia scuola hanno fatto questo progetto patrocinato Coop per una ricerca sulla Resistenza tra Sturla e Nervi. L'appuntamento organizzativo iniziale era oggi alla biblioteca di Nervi.

I fatti: Intanto non capisco bene per quale assurdo motivo un progetto di ricerca archivistica sulla Resistenza di Nervi debba attirare di più della nostra bellissima autogestione. Eravamo una trentina, compresi due tenereissimi primini. La Signora Bibliotecaria - tutto il contrario di come uno può immaginarsi una bibliotecaria - fa gli onori di casa, ci fa visitare la biblioteca, ci spiega come fare ricerche su internette e negli archivi cartacei. Dice che stanno cercando di informatizzarli, gli archivi cartacei, ma è un lavoro lento e faticoso.
Poi i prof presentano il progetto, dicono le loro idee, danno di nuovo parola alla bibliotecaria. E la bibliotecaria propone di focalizzare anche sui canti della Resistenza. Ed io mi innamoro di lei.
Poi ci disperdiamo, impariamo ad usare l'archivio cartaceo, io realizzo che quell'assurdo essere con il cappotto e la barba bionda e un'aria da surrealista francese è il mio compagno che alle elementari piangeva sempre ma proprio sempre, ci tiriamo le storie con il TeneroProf su storia e storiografia e ricerca e passioni monomaniache.
Intanto, io, rimugino.

E quando ce ne stiamo andando vado dalla Signora Bibliotecaria. E le dico Signora Bibliotecaria, ma vi serve una mano per informatizzare l'archivio?
Lei quasi piange. No, sul serio. Si è tutta commossa. E ci ha detto - a me e alla Nuova Compagna che anche lei le ci piace archiviare - che ci fa fare il corso specialistico dall'archivista della Berio e che pretende almeno che ci diano una certificazione.
Io a tutto questo aspetto che poteva anche venirmi utile mica ci avevo pensato. Ma così è. E la settimana prossima si comincia, per iniziare bene i miei 18 anni.

martedì 2 dicembre 2008

Il calendario cantato 4

Avola, ventiquattro novembre millenovecentosessantotto.
I braccianti scendono in sciopero per rivendicare l'aumento della paga giornaliera, l'eliminazione delle differenze salariali di orario tra le varie zone, l'introduzione di una normativa per garantire il rispetto die contratti, l'avvio di commissioni di controllo: tutti punti di una lotta già combattuta e vinta nel '66. Lo sciopero è indetto, quindi, solamente per richiedere che le normative già stabilite vengano applicate.
Il 29 novembre gli agrari rompono le trattative con i sindacati. I braccianti invadono la strada che porta a Siracusa e la occupano: vengono convinti a desistere da un deputato comunista, Piscitello, che si offre di recarsi dal prefetto - assieme a qualche bracciante ed ai sindacalisti - per chiedere che richiami i rappresentanti degli agrari.
Il prefetto rifiuta, "per ragioni di prestigio personale", poi acconsente a convocare gli agrari, ma per il giorno successivo: "essendo stanco, non era in grado di affrontare un'altra lunga discussione".
La riunione viene fissata per il 30 novembre, ma gli agrari fanno sapere che non si presenteranno, perché stanno aspettando una loro delegazione da Roma. I sindacalisti vengono rapidamente congedati dal prefetto.
Anche il primo di dicembre viene convocata una riunione, ma ancora una volta gli agrari non si presentano.
E' convocato lo sciopero generale.
Il 2 dicembre, Avola è completamente ferma. I braccianti occupano le strade, subito aiutati dagli operai. Verso le 8 del mattino iniziano ad arrivare anche donne e bambini. Il prefetto telefona al sindaco per dirgli che plotoni di polizia stanno già avanzando sulla strada verso Noto, totalmente bloccata dall'occupazione dei braccianti. Il sindaco lo supplica di non dare l'ordine di sgomberare, ma il prefetto lo "invita a cingere la sciarpa tricolore e a collaborare per il ripristino della legalità". Il sindaco prega allora il vice-questore di dare l'ordine di aspettare che lui si rechi sul posto: spera di convincere i braccianti a sgomberare "per tentare di scongiurare ciò che poi è avvenuto", come scriverà nel rapporto immediatamente successivo. Quando arriva sul posto, però, la polizia è già in assetto antisommossa e i fumogeni sono già caricati sui fucili. Il sindaco viene obbligato dai commissari a non passare. Un istante dopo partono i primi colpi. Fumogeni, poi spari. I braccianti credono si spari a salve perché vedono il sindaco subito dopo lo schieramento di polizia, e lanciano sassi. Il fuoco dura 25 minuti.
2 morti e 48 feriti, di cui 5 gravi.
Il deputato comunista Piscitello raccoglierà due chili di bossoli dalla strada.


Esistono due canzoni, su Avola. Una è quella che metto, firmata dal Canzoniere di Rimini ed interpretata da Alfredo Bandelli (che probabilmente ne è anche l'autore, ma non era iscritto alla SIAE quindi gli hanno fregato più o meno tutto). L'altra è di Dario Fo, ed è nel suo strepitoso spettacolo "Ci ragiono e canto". Ma come canzone, è un po' meno bella.

AVOLA, DUE DICEMBRE
Due dicembre, giorno bianco
per la gente in ufficio
e che si vede passare
solite carte e fatture.

Due dicembre, giorno bianco
per mia madre in cucina,
che cantando prepara
il pranzo e la cena.

Due dicembre, giorno nero
per la gente che è stanca
e che scende nelle strade
perché vuole un po' di pane.


Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.

Ma si sa, si sa che,
ma si sa, si sa che

loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.

Loro vengon coi fucili,
loro vengono coi mitra,
loro vengono in cento,
mai che siano da soli.

Due dicembre, giorno bianco
per mio padre, che è sereno:
oramai è assicurato,
ogni mese paga lo Stato.

Due dicembre, giorno bianco
per la gente che è tranquilla
e che approva con la testa
quello che scrive la stampa.

Due dicembre, giorno nero
per chi cerca una risposta,
per chi agisce e più non parla
e si difende come può.

Due dicembre, giorno nero
per chi chiede un aumento
e la risposta è solo una,
la risposta è di violenza.

Due dicembre, giorno nero,
da finire al cimitero,
da finirci, assassinati
da quei servi mal pagati.

giovedì 9 ottobre 2008

Il calendario cantato 3


C'è questo monte, in provinca di Belluno, che si chiama Monte Toc.
Ci sono due etimologie, di Toc. Potrebbe essere una contrazione di patoc, che in friulano significa marcio.
Oppure potrebbe essere direttamente il "toc" veneto, pezzo.
Sotto a questo monte passa un torrente, il Vajont, che affluisce poi nel Piave all'altezza di Longarone.
Nel 1929, due eccellentissimi ingegneri pensarono che era proprio un peccato sprecare tutta quell'acqua che poteva essere sfruttata per creare energia idroelettrica, e fecero un progetto per creare una diga alle pendici del Monte Toc. I lavori iniziarono effettivamente solo nel 1940, ovviamente più volte interrotti per guerra, dopoguerra, cambi di gestione e varie amenità italianiche.
Nel 1956 i lavori ripresero con più fervore - pare senza il consenso da parte del ministero, ma la faccenda è poco chiara -, nonostante il dissenso evidente delle popolazioni (anche senza il successivo disastro, si sapeva per certo che due paesi sarebbero morti perchè, cambiando il corso del fiume, non avrebbero più ricevuto acqua per le terre. Ma p'cato).
Per tutta la durata dei lavori, terminati nel '60, la SADE (poi rilevata dalla Montedison) registrò numerosissime scosse sismiche, ma non si curò mai di mandare i dati agli organi di controllo. L'Università di Padova simulò una frana nella diga e disse che si poteva tranquillamente arrivare a quota 700.
Il 4 settembre 1963, si era arrivati a quota 710. Iniziarono a sentirsi scosse sismiche più frequenti, e dalla montagna giungevano profondi boati.
Il 9 ottobre 1963, un grosso masso si stacca dal Monte Toc, causando una frana e precipitando nel bacino idrico: da poco era stata portata nel bacino nuova acqua, perchè le precipitazioni erano state scarse e si temeva una grave siccità. Gli studi scientifici, in contemporanea, avevano appena consigliato un graduale svuotamento del bacino, poichè la massa d'acqua era troppo imponente e il Monte Toc non avrebbe sicuramente retto.
Alle 22.39 del 9 ottobre, quando la frana e il masso arrivano nel bacino, si levano tre differenti ondate, che distruggono contemporaneamente 5 paesi - e le frazioni limitrofe-: Longarone, Codissago, Castellavazzo, Erto e Casso. I morti stimati sono 1917.

Alberto D'Amico, cantautore veneziano, scrisse questo brano pochi giorni dopo la strage del Vajont, ricordando contemporaneamente l'alluvione del Polesine del '51.

AQUA
(Alberto D'Amico)

Inverno del cinquantaun
s'à roto l'arsene del Po
la piena i campi ga 'lagà
cristiani e bestie s'à negà

Aqua

I elicoteri xe rivà
e i vivi duri co' le man
dai copi le corde i ga vantà
e in celo i se ga rampegà

Aqua

Dai elicoteri in stassion
i vivi dopo l'aluvion
i parte in Belgio e a Milan
ancora sporchi de pantan

Aqua

S'à perso le lagreme nel Po
contarle tute no' se pol
contar i tosi che xe restà
te basta i dei de 'na man

Aqua Aqua Aqua Aqua

Xe 'sta 'na note che 'l signor
ga vudo un palpito de cuor
el monte Toc se ga spacà
el lago in celo xe rivà

Aqua

L'onda la diga ga saltà
e Longarone ga ramassà
i gera in leto drio dormir
no' s'à salvà gnanca un cussin

Aqua

Entra la corte in tribunal
i morti in pie s'à alzà
la corte se ga pronuncià
«Xé morti per fatalità»

Aqua

Sarà i pecati che se fà
el padre eterno sarà incassà
ma co' 'sto Dio malà de cuor
xe sempre i poveri che muor

Aqua Aqua Aqua Aqua

TRADUZIONE: ACQUA
Inverno del cinquantuno
si è rotto l'argine del Po
la piena i campi ha allagato
cristiani e bestie sono annegati

Gli elicotteri sono arrivati
e i vivi sicuri con le mani
dal tetto hanno preso le funi
e si sono arrampicati in cielo

Dagli elicotteri in stazione
i vivi dopo l'alluvione
partono per il Beglio e Milano
ancora sporchi di fango

Si sono perse le lacrime nel Po
contarle tutte non si può
per contare i ragazzi che sono rimasti
ti bastano le dita di una mano

E' una notte che il Signore
ha avuto un palpito di cuore
il monte Toc si è spaccato
il lago in cielo è arrivato

L'onda ha saltato la diga
e ha spazzato via Longarone
erano a letto che dormivano
non si è salvato neanche un cuscino

Entra la corte in tribunale
i morti si sono alzati in piedi
la corte si è pronunciata
"Sono morti per fatalità"

Saranno i peccati che si fanno
il padreterno sarà arrabbiato
ma con questo Dio malato di cuore
sono sempre i poveri che muoiono.

domenica 14 settembre 2008

La festa meno divertente del secolo


E alla fine c'è stata. L'orrida festa di compleanno che da mesi e mesi tutti aspettevate con impazienza - tutti tranne me - si è svolta ieri sera in un tripudio di guadio e felicità.
Per chi si fosse perso qualche passaggio, la festa in questione era il dicottesimo più pessimo della storia, ed era stato presentato nel seguente modo:
- inviti su cartoncino rosa dati a maggio, in modo che tutti ci tenessimo liberi per l'ottimo 13 settembre
- accurata descrizione della location che, per la modica cifra di 8000 euri - mi pare - doveva offrire: la location essa stessa, il dj, il buffet, la cena con tovaglie uazzamerica e argenteria, le luci da disco, il servizio dei camerieri e, uditeudite, dei televisori al plasma che, circondando la sala da ballo, avrebbero proiettato a ciclo continuo un filmato con le foto della festeggiata in questi passati 18 anni.
- gentile richiesta da parte della festeggiata essa stessa a non vestirsi in lungo, perchè il lungo doveva averlo solo lei: extra budget c'era infatti anche la lavorazione del vestito sotto suo disegno.
In tutto ciò, io ero costretta ad andare per non abbandonare la CompagnAmber e la Amicadibanco al loro destino. Per fortuna - o la serata sarebbe stata davvero intollerabile - riesco a strappare un invito anche per l'UomoKiwi, che rinunica persino ai DikDik pur di accompagnarmi e si presenta in vico dolcezza, dove io mi stavo preparando, con il suo solito ritardo e un completo indosso. Urgh. Ma così dev'essere, mica è colpa sua.

Attraversiamo a piedi lo spazio che ci divide dalla location della festa, attorniati da sguardi leggermente stupiti: tutto intorno a noi, è NotteBianca.
Giunti in prossimità della location, io mi trasformo definitivamente in ciò che possa più assomigliare a me travestita da albarina: ovvero, mi toglo i dottormartins e mi metto le ballerine.

Entriamo. Io, l'UomoKiwi, l'Amicadibanco, la CompagnAmber. Ci registriamo al guardaroba e lasciamo gli zaini: in tutto questo, la festeggiata gira in visibilio che sembra un yiddish mome il giorno del matrimonio di suo figlio e i di lei genitori fanno gli onori di casa e scattano foto come se dovessero fare un book fotorgafico (o dubbio amletico: forse è esattamente quello che stavano facendo). Se nella festeggiata sono in quattro anni riuscita a trovare qualche lato positivo, sono assolutamente convinta che i di lei genitori non ne abbiano: alla millesima foto del padre, puntata sulle gambe dell'Amicadibanco (con la scusa dei tacchi, oh, non ti ho mai vista così elegante!), non riesco ad evitare di fulminarlo con lo sguardo. P'cato. Non l'ho più visto.
Ci invitano ad accomodarci al piano di sotto: scendiamo agilmente le scale e ci troviamo in un corridoio con vari tavolini di buffet in allestimento. Sempre muovendoci in branco, andiamo a salutare le poche amiche conosciute - tra cui l'ottima Karatega che correndo sui tacchi si è sfasciata il ginocchio già sfasciato di suo ed era seduta per terra senza scarpe - e parlottiamo a lungo, cercando di evitare ogni possibile contatto.
L'arrivo dei camerieri ci costringe a tornare nel corridoio, dove ci viene offerto un ottimo aperitivo - smangini non malvagi, ma strettamente analcolico (succo o cocacola?) -.
Dopo le mille ore di aperitivo, aspettando che arrivasse gente che non arrivava e penso sia continuata a non arrivare, parte il gossip sfrenato sugli altrui vestiti, che era anche l'unica cosa che si potesse fare oltre ad affogarsi nel bagno.
Vengono in particolare notati un vestito rosso con spacco posteriore sulla schiena verso l'infinito e oltre, un vestitino grigio - neanche tanto brutto di suo - ma completamente trasparente, che lasciava vedere senza tema di smentita delle orride mutandazze a fiori, e le cravatte salmone che sembra spopolino tra gli albarini fighetti. C'è anche da dire che quelli senza cravatte salmone erano peggio.

Finalmente appare la festeggiata, stressata che sembra che dalla festa dipenda la sua condanna a morte. Il vestito - vi ricordo, da lei disegnato e fatto fare su misura dalla sarta, eh - è oggettivamente oribbile. Monospalla e con un taglio storto molto accattivante, indubbiamente, ma lilla. Lilla! Il tutto corredato da una pettinatura molto alla greca e brillantini sparsi in ogni dove. Tacchi ovviamente vertiginosi con evidente difficoltà nel portarli quando si distraeva ("non mi sta guardando nessuno quindi posso camminare anche male").
E' finalmente ora di cena. Quello che io - ma non solo io - avevo capito era: chi vuole mangia, chi non vuole balla. No. Le due cose sono in due momenti diversi.
La sala ha sette tavoli rotondi, e gli invitati si accomodano: la festeggiata passa di tavolo in tavolo dicendo mezze frasi e facendo mezzi sorrisi veramente come se fosse la sposa. Noi formiamo il Tavolo dei Reietti, e ci passiamo una serata non malvagia di chiacchiere e idiozie, cercando di isolarci il più possibile dal contesto.

Se vi aspettate una descrizione di portate portentose, be', non ci sarà: a buffet, piatti di salumi, torta pasqaulina, vitello tonnato e focaccia al formaggio (abbastanza per tutti, ma non in abbondanza. A dir la verità, l'aspetto del buffet era proprio poverello). Poi due primi, sempre a buffet: trofie al pesto e un'orrida pasta al sugo. Inutile dire che continuano a non esserci alcolici (acqua, succo o cocacola?). Così sia. Fine pranzo.
Mentre siamo in coda al buffet degli antipasti come al moody, la festeggiata prende il microfono come se la sala fosse gremita di persone - saremo stati una quarantina, non di più -, ringrazia tutti per la partecipazione e lancia l'ottimo filmato delle sue foto. Su due schermi, scorre mezz'ora della sua vita, con foto atte ad imbarazzare e divertire il pubblico: uahahaha, ti ricordi che bei momenti?
Vi ricordo che tutto ciò è un compleanno dei 18 anni: no, perchè magari l'assenza di alcol e i filmini tipo mrto ve l'avevano fatto dimenticare.
Dopo momenti interminabili arriva la torta, e con essa un calice di spumante a testa. Torta anche buona, ma di dimensioni enormemente esagerate (proprio del tipo mi hanno tirato buca in millemila). Spumante senza brindisi.
Alla fine arriva anche una-ciotola-una di sangria, che io scelgo opportunamente di non prendere e che mi dicono fare schifo/essere orribilmente annacquata. Sempre con sorriso ebete da onori di casa, la festeggiata ci spiega che i suoi le hanno impedito assolutamente di mettere alcolici: "o gli alcolici o la festa in grande: e io cosa potevo scegliere?".
Dopo un lungo summit in bagno per fuggire alla musica sempre più allucinante, decidiamo di andare: salutiamo la festeggiata che sta aprendo i regali - ovviamente molti e molto preziosi - in sordina e ci defiliamo, cambiandoci rapidamente dietro ad una tenda per tornare ad indossare abiti umani.

Questo è quanto.
La noia più mortale.
La muffa più assoluta.
La festa meno divertente della storia.
Io, se i miei 18 anni si aprono con qualcosa del genere, mi impicco nella doccia.
Era una festa di rappresentanza, un debutto in società. Con solo e unicamente i suoi amici. Qual era il senso?
E' da ieri che me lo chiedo.

giovedì 11 settembre 2008

Calendario cantato 2


(Il brano in questione è un altro, ma, come leggerete sotto, non era possibile trovarlo interpretato dallo stesso Victor. Ho scelto allora quest'ottima videoclip moderna. "Vamos por ancho camino", Victor Jara).

Il post sul Cile l'avevo già fatto qualche anno fa, ed è qui.
Nel frattempo, ho trovato l'ultima canzone scritta da Victor Jara.
Nello stadio di Santiago, prima che i militari gli tagliassero le mani e la lingua, "el poeta popular" riuscì a scrivere un'ultima canzone, su di un pezzo di carta che aveva in tasca. Quando i militari lo andarono a prendere per torturarlo e fucilarlo, Victor Jara passò il bigliettino all'uomo che era seduto vicino a lui. Che, a sua volta fucilato, lo passò a chi era vicino a lui, e così via.
La persona che è riuscita ad uscire dallo stadio e a portare il biglietto alla moglie di Victor Jara pensava fosse un falso, perchè non aveva assolutamente visto che il cantante fosse nello stadio. La canzone è questa. Interpreti ce ne sono stati parecchi, primo tra tutti Woody Guthrie (nonchè mio fratello paolino, ma questa è un'altra storia), ma nessuno l'ha mai musicata in lingua originale.

ESTADIO CHILE
(Victor Jara)

Somos cinco mil aquí
en esta pequeña parte la ciudad.
Somos cinco mil.
¿Cuántos somos en total
en las ciudades y en todo el país?
Sólo aquí,
diez mil manos que siembran
y hacen andar las fábricas.
Cuánta humanidad
con hambre, frío, pánico, dolor,
presión moral, terror y locura.

Seis de los nuestros se perdieron
en el espacio de las estrellas.
Uno muerto, un golpeado como jamás creí
se podría golpear a un ser humano.
Los otros cuatro quisieron quitarse
todos los temores,
uno saltando al vacío,
otro golpeándose la cabeza contra un muro
pero todos con la mirada fija en la muerte.
¡Qué espanto produce el rostro del fascismo!
Llevan a cabo sus planes con precisión artera
sin importarles nada.
La sangre para ellos son medallas.
La matanza es un acto de heroísmo.
¿Es este el mundo que creaste, Dios mío?
¿Para esto tus siete días de asombro y de trabajo?
En estas cuatro murallas sólo existe un número
que no progresa.
Que lentamente querrá más la muerte.

Pero de pronto me golpea la consciencia
y veo esta marea sin latido
y veo el pulso de las máquinas
y los militares mostrando su rostro de matrona
llena de dulzura.
¿Y México, Cuba y el mundo?
¡Qué griten esta ignominia!
Somos diez mil manos
menos que no producen.
¿Cuántos somos en toda la patria?
La sangre del compañero Presidente
golpea más fuerte que bombas y metrallas.
Así golpeará nuestro puño nuevamente.

Canto, qué mal me sabes
cuando tengo que cantar espanto.
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto.
De verme entre tantos y tantos
momentos de infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento
harán brotar el momento...

TRADUZIONE

ESTADIO DE CHILE

Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.

Sei dei nostri si son perdi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl'importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c'è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.

Ma all'improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.

Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.

domenica 7 settembre 2008

Un calendario cantato 1


Dopo che il Chimico mi ha mandato un messaggio in cui esaltava l'ottimo brano "Ero un consumatore" (di cui metto il link qui, ma che non trascrivo per magnanimità), ho deciso di mettere in pratica un'idea che già da un po' mi frullava nella mente.
Si tratta, in pratica, di una specie di calendario sonoro: ad ogni data possibile, un collegamento con una canzone popolare/di protesta.
Inizio simbolicamente oggi, con un brano che non è né popolare né di protesta, ma troppo troppo bello per stare a fare gli schizzinosi.

SEI MINUTI ALL'ALBA
(Fo-Jannacci)

Sei minuti all'alba
el gh'è gnanca ciar,
sei minuti all'alba,
il prete è pronto già.
L'è giamò mes'ura
ch'el va drè a parlà:
«Gliel'ho detto, padre, debun
mi hu giamò pregà».

Nella cella accanto
canten na cansun:
«Sì, ma non è il momento,
un pu' d'educasiun!».
Mi anca piangiarìa,
il groppo è pronto già;
piangere, d'accordo, e perché:
mi han da fucilà.

Vott setember sunt scapà,
hu finì de fa el suldà,
al paes mi sunt turnà,
disertore m'han ciamà.
De sul treno caregà,
n'altra volta sunt scapà,
in montagna sono andato, ma l'altr'er
cui ribelli m'han ciapà.

Entra un ufficiale,
mi offre da fumar:
«Grazie, ma non fumo
prima di mangiar».
Fa la faccia offesa,
mi tocca di accettar,
le manette ai polsi son già,
quei lì van a drè a cantà.

E strascino i piedi
e mi sento mal;
sei minuti all'alba,
Dio, cume l'è ciar.
Tocca farsi forza,
ci vuole un bel final,
dai, allunga il passo, perché
ci vuole dignità.

Vott setember sunt scapà,
hu finì de fa el suldà,
al paes mi sunt turnà,
disertore m'han ciamà.
De sul treno caregà,
n'altra volta sunt scapà,
in montagna sono andato, ma l'altr'er
cui ribelli m'han ciapà.

(trascrizione alla buona, assolutamente priva dei simboli fonetici corretti)



TRADUZIONE
(ma è vivamente consigliata la lettura in dialetto, che è comprensibile e mille volte più bella):

Sei minuti all'alba
e non è ancora chiaro,
sei minuti all'alba
Il prete è pronto già.
È già mezz'ora
che sta parlando.
«Gliel'ho detto, padre, davvero,
ho già pregato».

Nella cella accanto
cantano una canzone.
«Sì, ma non è il momento
un po' d'educazione!»
Io addirittura piangerei
il groppo è pronto già;
piangere d'accordo, e perché?
Mi devono fucilare.

L'otto settembre sono scappato
ho smesso di fare il soldato,
son tornato al paese
mi han chiamato disertore.
Caricato su di un treno
son scappato un'altra volta;
in montagna sono andato, ma l'altro ieri
m'hanno preso coi ribelli.

Entra un ufficiale
mi offre da fumare:
«Grazie, ma non fumo
prima di mangiar».
Fa la faccia offesa,
mi tocca di accettar,
le manette sono già ai polsi,
e quelli continuano a cantare.

E trascino i piedi
e mi sento male;
sei minuti all'alba,
Dio com'è chiaro!
Tocca farsi forza
ci vuole un bel finale;
dai allunga il passo, perché
ci vuole dignità.

L'otto settembre sono scappato
ho smesso di fare il soldato,
son tornato al paese
mi han chiamato disertore.
Caricato su di un treno
son scappato un'altra volta;
in montagna sono andato, ma l'altro ieri
m'hanno preso coi ribelli.

Ringrazio l'ottimo sito Canzoni contro la guerra che mi ha evitato di dovermi trascrivere tutto il testo.

mercoledì 23 luglio 2008

Poesia: Nella moltitudine

Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.

In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.

Nel guardaroba della natura
c'è un mucchio di costumi:
ragno, gabbiano, topo di campagna.
Ognuno va subito a pennello
ed è portato docilmente
finché si consuma.

Anch'io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d'un formicaio, branco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.

Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.

Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.

Un filo d'erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.

Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.

E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?

Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?

La sorte, finora,
mi è stata benigna.

Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.

Poteva essermi tolta
l'inclinazione a confrontare.

Potevo essere me stessa - ma senza stupore
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.
(W. Szymborska)

giovedì 19 giugno 2008

L'Isola


Ho giusto giusto finito un libro di quel visionario di Huxley, che mi piace un sacco di più di quel catastrofista antiabortista di Orwell. Il libro che ho finito si chiama "L'isola", ed è l'ultimo che ha scritto. E' più un pamphlet ideologico, che un libro, nel senso che la trama è scarsina, ma quell'uomo era un genio.
Quell'uomo, tra l'altro, si è fatto eutanasare il giorno che hanno ucciso Kennedy, quindi il mondo non l'ha saputo per un sacco di giorni.
Ma torniamo all'isola. Si tratta dell'isola di Pala, paradiso fricchettone antelitteram. Che è, effettivamente, la patria ideale di un po' chiunque.
Tutto il libro è improntato sulla spiritualità buddista e su tutte le innovazioni degli anni '60, che andrò poi ad elencare, ma ha anche diversi particolari realmente interessanti socialmente.

Dunque. Questo giornalista inglese, Will, naufraga sull'isola: in realtà ci naufraga apposta, perché è pagato dal padrone del suo giornale, Lord Aldeyde o qualcosa del genere, per convincere gli abitanti di Pala a vendere il loro petrolio. Capita però che Will veda un serpente, si spaventi e cada e svenga, ma viene recuperato da due bambini. Questo è il romanzo. Poi inizia il pamphlet. Will viene portato in ospedale, ed inizia a scoprire come funziona Pala.
Il primo capitolo è dedicato alla coscienza di sé stessi, su cui si basa tutta la medicina di Pala: il concetto è che, tramite ipnosi nei casi gravi o straniamento in quelli un po' meno gravi, è possibile - anzi probabile - che il corpo si guarisca da solo. Se, quindi, hai un ginocchio rotto, non basta ingessarlo: se qualcuno ti parla e ti fa completamente straniare dal tuo corpo viaggiando con la mente, il ginocchio guarisce molto più in fretta.
Poi si passa alla medicina moksha: la mescalina. La mescalina, per Huxley - che del resto non era neanche nei periodi migliori della sua vita, visto che gli era appena morta la moglie e aveva un bel cancro alla lingua - è la chiave della verità. Non nel senso che bisogna assumerla costantemente, questo lo mette bene in chiaro: ma è attraverso la mescalina che il mondo ti appare quale realmente è e tu puoi in seguito approcciarti nel modo giusto. Del resto, l'uso della mescalina che Huxley consiglia è l'uso degli inizi degli anni '60, ovvero un uso assolutamente scientifico e non ricreativo. La mescalina, sull'isola di Pala, viene consumata per la prima volta tutti insieme, in una gita scolastica a 15 anni: prima i ragazzi si devono arrampicare su una parete, per avere coscienza della morte imminente, e poi consumare la mescalina in un trip guidato.
Ma gli argomenti migliori che Huxley tratta sono la morte e la crescita dei ragazzi.
La morte è solo questioni di accettazione: come scrivevo prima, Huxley era appena uscito dalla morte della moglie, a cui era stato vicino fino all'ultimo. Nell'isola di Pala, a tutti i bambini capita di assistere ad almeno una morte, perchè nessuno muore infelice, grazie allo straniamento. Questo non significa un'assuefazione alla morte, anzi, ma porta d un'accettazione geniale. La bambina a cui il turista incredulo parla gli dice che la morta le fa paura, ma le fa paura solo alla bocca:
"Non ti sei mai spaventata?"
"Be', sì.. avevo paura"
"E allora come ti sei comportata?"
"Come ci insegnano a fare: ho tentato di scoprire quale parte di me aveva paura, e perchè era spaventata."
"E quale parte di te aveva paura?"
"Questa". Mary si puntò l'indice verso la bocca aperta. "Quella che parla continuamente. Non fa che parlare di tutte le brutte cose che ricordo, di tutte le enormi, meravigliose, impossibili cose che immagino di poter fare. E' questa la parte che si spaventa."
"Perchè ha tanta paura?"
"Ha paura, credo, perchè continua a parlare di tutte le cose orribili che potrebbero accaderle. A parlarne a voce alta o a parlarne con se stessa. Ma c'è un'altra parte di me che non si spaventa."
"Quale sarebbe?"
"Quella che non parla... quella che si limita a guardare, ad ascoltare e a sentire ciò che accade nell'intimo. E a volte, improvvisamente, vede come ogni cosa è bella. No, questo non è vero. Lo vede continuamente, ma io no... se quella parte di me non fa in modo che me ne accorga. Allora accade all'improvviso. Bello, bello, bello!"

L'altro argomento è l'educazione. L'educazione scolastica era assolutamente all'avanguardia per gli anni '60, ma ora non stupisce più di tanto: è un'educazione alla soggettività, al relativismo, al pensiero divergente. Ma l'idea più bella sono i CAR, Centri di Adozione Reciproca.
Sono gruppi di una ventina di persone, meglio se abitano vicine, ma non necessariamente. Ogni bambino ha ovviamente i propri genitori, i propri zii, i proprio nonni, e queste figure non sono messe in discussione. Ma a loro vengono affiancati innumerevoli vicepadri, vicemadri, vicezii. I bambini che - per qualsiasi ragione - sono stufi di stare a casa loro, o hanno litigato, o si trovano in un momento difficile, hanno altre venti figure di riferimento da cui andare. Non sono rifugi: in ogni casa hanno i propri doveri, e - se è giusto - si prendono i loro mazzi anche da vicepadri e vicemadri. Ma la cosa migliore è che i CAR mica funzionano solo per i bambini: nel momento in cui un bambino va da una vicemadre per un problema serio o semiserio, il CAR si attiva anche sul genitore, cercando di capire quale sia stato il problema e risolvendolo. Insomma, un consulto pedagogico costante e collettivo.

Questo è il lato bello del libro, quello che dici che sballo, quello che ti dispiace che Huxley sia morto. Devi togliere tutto il lato spirituale un po' insopportabile, ma si può fare facilmente, e non devi deprimerti per il finale.
Perchè il finale è un golpe. E' il futuro re di Pala che è stato cresciuto in Svizzera da una madre convinta di essere stata prescelta per la Crociata dello Spirito che fa entrare i militari della più vicina nazione straniero, e uccide la figura migliore del libro, il vecchio McPhail. Tutta questa scena - già di per sè pesantina - è vista attraverso gli occhi di Will che, definitivamente convertito alla causa palanese, è nel suo primo trip di mescalina. E sente solo gli spari.

mercoledì 11 giugno 2008


Nonostante Fnac e Unieuro ne negassero l'esistenza
ho trovato
- dall'ottimo DMail -
il giradischi che registra su files MP3.
Quest'estate ha tutto un altro gusto, ora che ho
44 dischi da passare in MP3.
Si accettano donazioni gratuite di chiavette USB che tengano qualcosa di più di un pezzo a volta.

giovedì 22 maggio 2008

rapimenti austriaci

Leggo dal solito blog che mi piace, questa spiegazione su come sia nata la leggenda metropolitaa dei rom che rapiscono i bambini. Lei, la blogghista, l'ha sentita ad un convengo sulle minoranze rom in Lussemburgo, dove pare siano fortissime.
Dice un anonimo studioso che ai tempi da Maria Teresa d'Austria, il "problema rom" era molto forte. L'Imperatrice, allora, cercando di prendere due piccioni con una fava, decise che sterminare i rom uccidendoli faceva brutto, ed esisteva un metodo più semplice: togliere i bambini. In questo modo, in due-tre generazioni, i rom sarebbero scomparsi.
I bambini rom venivano quidi presi alle famiglie d'origine e "donati" a nobildonne, magari con qualche problema di sterilità.
Ovviamente, la cosa non veniva fatta alla luce del sole, e nessuno sapeva - almeno in apparenza - che il bebè della nobilfamiglia era in realtà un bambino rom. I genitori rom, però, non erano molto contenti, come è facile immaginare: individuata la famiglia a cui era stato dato il loro figlio, cercavano in ogni modo di riprenderselo, arrivando ovviamente al rapimento.
Così pare.

giovedì 1 maggio 2008

"Sono un alcolizzato. Sono un tossicomane. Sono un omosessuale. Sono un genio."


Ho scoperto Truman Capote, che è il signore poco poco inquietante che vedete nella fotina qui sopra.
L'ho scoperto con un libro, che si chiama "L'arpa d'erba", e che è meraviglioso.
Già solo il concetto dell'arpa d'erba è fantastico: l'arpa d'erba è quella che racconta tutte le storie di un paese, è l'erba che cresce nella prateria appena fuori dal villaggio e si muove, con il vento.
Le storie di paese sono piccole, e si incrociano.
E l'arpa d'erba racconta sopratutto le storie degli emarginati, dei broder-line, di questo gruppo di gente che rifiuta ed è rifiutata dalla società di un'America di boom di primo '900 e si rifugia - più o meno casualmente, più o meno consciamente - su di una casa su un albero.
Hanno tutte le età, sono emarginati perchè considerati pazzi, o troppo all'antica, o troppo soli, o troppo neri. Sono zingari, sono orfani, sono schiavi, sono portatori di una saggezza dolce che è fin troppo scomoda.
Non è un romanzo di formazione, anche se alla fine ognuno di loro uscirà cambiato da questa esperienza. Non è un romanzo di formazione perchè è una foto seppiata.
E' un'istantanea che dura qualche settimana, ma i cui personaggi sono fissi nel loro essere diversi, nel loro essere Altro.

Copincollo da qui, che è un bellissimo blog, e questo nanetto mi sembrava un sacco carino.

"A lussemburgo i vecchi del circolo curiel mi raccontavano che quando erano arrivati loro nel secondo dopoguerra, il partito comunista era vietato e andavano di notte a vendere l’unità di nascosto davanti ai turni degli italiani che entravano nelle acciaierie.

per il primo maggio era vietato manifestare e allora si davano appuntamento in centro, una rosa rossa appuntata sul bavero della giacca e si muovevano in silenzio in un’ unica direzione, fingendo che fosse casuale."

Buon Primo Maggio.

mercoledì 16 aprile 2008

L'erba della Spagna è sempre più buona

Io, in Spagna, ci sono andata quattro mesi fa, se vi ricordate.
Non mi era piaciuta, ma questo è un parere turistico. Non è di questo che voglio parlare.
Io la Spagna l'ho vista da gita di classe, in pullman per le aree deserte e brulle, poi Lloret de Mar con i suoi casinò, e infine Madrid.
Madrid con i musei a gratis, Madrid con Guernica, Madrid con Zapatero e il Primo Ministro rumeno in visita al monumento ai caduti. 
Poi c'è un'altra Spagna, un'altra Madrid. Quella che non è i matrimoni gay, che non è le donne in parlamento, che non è la ministra della scienza trentenne. E' una Spagna che abbiamo scoperto per caso, ed è avvenuto così.
Succede che siamo in gita di classe, e siamo in un albergo - abbiamo buoni motivi per credere che fosse un albergo a ore - nel quartiere amministrativo di Madrid. Il quartiere amministrativo di Madrid, penso come i quartieri amministrativi di tutto il mondo, è vivissimo di giorno, ha un sacco di bar e un sacco di musei, ma di notte non ha assolutamente niente. Non ha locali, non ha ristoranti, non ha pub, non ha cinema, non ha discoteche. C'è una stazione deserta - Atocha -, qualche altro albergo, un fruttivendolo aperto anche la sera. 
E poi prostitute, tassisti e spacciatori, la gente della notte. Tutti sotto al nostro albergo. Le prof non ci portano fuori, ma, d'altra parte, vanno anche a dormire presto. 
Escono due miei compagni verso mezzanotte. Tre prostitute nella hall dell'albergo. "Andiamo a prendere qualcosa da bere". L'albergatore sorride e strizza l'occhio. I miei due compagni escono.
Fanno due metri, e all'angolo, di fronte all'edicola, trovano uno spacciatore, che era poi quello che stavano cercando. Lo spacciatore, però, ha con sé solo coca. Per sicurezza - dello spacciatore - uno dei miei due compagni rimane con lui all'angolo della strada, mentre l'altro spacciatore va, con l'altro mio compagno, a prendere dell'erba da un amico, poco lontano.
Strada facendo, si mettono a parlare. Iniziano parlando di musica, lo spacciatore ha più o meno la nostra età. Sia lui che il mio compagno ascoltano gli Ska-P, si mettono a canticchiare insieme, e, in una specie di esperanto italo-spagnolo, parlano pure.
Lo spacciatore dice di Zapatero, dice sì, le cose prima andavano peggio, però...
Il però sta nel fatto che un suo amico, spacciatore anch'esso, è stato ammazzato una settimana prima davanti al Reina Sofia, il museo che contiene Guernica, e altri mille Picasso, e il Mirò quello della copertina dell'album del manifesto. Lì davanti è stato ammazzato, dalla polizia. 
Dice che sì, non è strano che sia stato ammazzato, perchè lì funziona che loro vanno verso il centro per vendere più roba, e i poliziotti li cacciano indietro, verso le zone dove non ci sono turisti. Basta che non ci sia casino la mattina nei quartieri diurni e la sera nei quartieri notturni, e poi vabbene così. Che quindi loro li cacciano indietro tutte le volte, e ogni tanto scappa anche il morto. Dice che lui è marocchino, lo spacciatore, e che i suoi fratelli non possono raggiungerlo, perchè Zapatero ha chiuso le frontiere. Questo diceva, lo spacciatore, prima di vendere l'erba al mio compagno.
Allora io lì mi sono fatta l'idea che forse sì, Zapatero ha dei begli occhi, e forse fa anche riforme interessanti, ma, forse, se noi fossimo lì, non saremmo così felici. Forse Zapatero è solo un po' più bello di Prodi, e ha una comunicazione migliore con l'estero. 
Però no, io in spagna non ci vorrei abitare.
Perchè poi a Toledo c'erano le statuine di Franco, e gli spadini di Franco e i busti di Franco, e la guida racconta la dittatura come "un brutto periodo che però è passato". Questa è la Spagna oggi. E' un paese che era talmente indietro che ora sembra avanti. Ma due scuri non fanno un chiaro.

E questo era per togliervi anche l'ultima speranza sul mondo esterno. 

martedì 15 aprile 2008

Siamo extraparlamentari? Eh? Eh? Quindi posso essere retorica quanto voglio?

ALLA BANDIERA ROSSA

Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l’analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.

(P. Pasolini)

sabato 12 aprile 2008

Poesia: Aspettando i barbari

Che aspettiamo, raccolti nella piazza?

Oggi arrivano i barbari.

Perchè mai tanta inerzia in Senato?
E perchè i senatori siedono e non fan leggi?

Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devono fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.

Perchè l'imperatore s'è levato?
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggior, incoronato?

Oggi arrivano i barbari.
L'imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l'offerta d'una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.

Perchè i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perchè i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perchè brandire le preziose mazze
coi bei caselli tutti d'oro e argento?

Oggi arrivano i barbari,
e questa roba fa impressione ai barbari.

Perchè i violenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?

Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.

Perchè d'un tratto questo smarrimento
ansioso? (I voti come si son fatti seri)
Perchè rapidamente le strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.

(C. Kavafis, trad. F. M. Pontani)

Un significato deve pur esserci.

giovedì 10 aprile 2008

Recensione: Tutta la vita davanti



C'è una laueata in filosfia con un fidanzato fisico quantistico che fa il dog-sitter per vivere.
Il fidanzato viene chiamato in Meriga con la proposta di afre quello che gli piace e guadagnare millemila dollari. Parte.
Rimane la laureata in filosofia che gira gira gira per case editrici e nessuno le dà un lavoro. Sulla metro incontra una bimba bellissima con due occhiali enormi, che le dà un bigliettino: lei va, e fa da baby-sitter a questa bambina, vivendo a casa sua. Casa sua è una casa devastata, perchè anche la mamma della bambina è devastata e quando è fuori manda la vibrazione della buonanotte a sua figlia, tramite cellulare.
La mamma devastata lavora ad un colsenter della Multiple.
Anche la laureata va a lavorare lì, e diventa troppo la più brava in questo posto he sembra un villaggio vacanza, con la capa che manda il sms di buongiorno, e il ballo di inizio lavoro e le pause motivazionali e le punizioni autoimposte (ma questo solo per i masculi) quando non raggiungi le aspettative.
La laureata diventa, dicevamo, troppo la più brava, e intanto scrive un saggio su Heidegger, e intanto fa da baby-sitter.
Poi conosce un sindacalista, che oh quanto se ne innamora, ma lui va a letto con la mamma della bimba e, si scopre dopo, è sposato con figlio. La laureata mica le sa, tutte queste cose qui, le scopre in un'ottima serata a favore dei precari del colsenter: durante quest'ottima serata, il sindacalista dichiara alletivvù che la Multiple non lo fa entrare.
La Multiple, ovviamente, lo invita tantissimo a vedere il colsenter, per scoprire chi è che ha parlato e gli ha detto tutte le cose brutte di quel posto brutto.
La laureata, che è mica scema, capisce, e fa finta di non conoscerlo, ma la mamma della bimba, che invece è stupida, gli parla tantissimo e viene conseguentemente licenziata.
Nel frattempo:
- la laureata conosce tramite colsenter una vecchietta tanto carina
- la capa ha una storia con il Grande Capo, ed è incinta
- il rappresentante che è troppo il più figo di tutti e che lavora in coppia con la lureata deve subire la punizione perchè non ha raggiunto le aspettative. Non accetta l'umiliazione, sclera tantissimo, salta in macchina e si schianta. Denuncia la Multiple ai sindacati per mobbing
- la mamma della laureata, che è troppo il personaggio più bello del film, muore

Finale:
La capa incinta sclera e uccide il Grande Capo. I precari corrono superfelici, facendo finta di non sapere che hanno perso il lavoro.
La laureata manda il suo saggio di parallelo tra Heidegger il grande fratello e il colsenter alla rivista filosofica di Oxford. Il saggio viene pubblicato e le vengono inviati 300 euri.
La laureata si incontra con il fidanzato, ormai ex, che continua a fare i miliardi in Meriga mentre lei, scema, rimane qui a fare la fame.
La mamma della bimba si prostituisce in casa, la laureata prende la bimba e la vuole portare dai nonni, ma arriva la mamma con il supermacchinone nuovo.
Litigio.
Salgono tutte in macchina.
Vanno dalla vecchietta carina, ricordate?, quella che la laureata aveva conosciuto tramite colsenter.
Tra le braccia della vecchietta carina la laureata scoppia a piangere. La vecchietta invita tutte e tre a cena.
Dissolvenza su un'allegra tavolata in quel della Garbatella con tutti che mangiano felici.

Ora.
Il film è carino, eh, divertente, commovenete q.b.
Ma
Io non sono mica d'accordo, a fare questi film qui di denuncia e basta. Mica per niente mi chiamano Ejzenstejn.
Voglio dire, qual è il messaggio del film?
Laureatevi tutti in materie scientifiche così emigrate in Meriga, fate i soldi e non vi vengono le crisi isteriche?
Non vi innamorate dei sindacalisti che già il sindacato non riesce a far niente di suo e loro sono pure delle persone mica tanto carine?
Tenetevi il fidanzato in Meriga che tanto in Italia non se ne trovano e almeno lui è ricco?
No.
Penso di no. Però allora serve qualcosa di costruttivo, non si può distruggere tutto, dire ecco ecco è così che va il mondo guarda che schifo epperò non dare una soluzione.
Non una soluzione valida, che se no mica stai a fare film, fai qualcosa di più utile.
Uno spiraglio di speranza, però, magari quello si può dare.
Una cosa che dici ecco, vedi, possiamo farlo anche noi.
Un messaggio di unità, di solidarietà, se non proprio di lotta.
Una qualche figura positiva in cui vedere una soluzione.
Niet.
Ritiriamoci tutti nell'arcadico giardino della Garbatella, che quella sì che è una bella soluzione.

mercoledì 9 aprile 2008


Io
che vi vedo
tormentarvi
scannarvi
dilaniarvi
sbattere la testa contro i muri
io
per la prima volta nella mia vita
sono felice di avere 17 anni.


venerdì 7 marzo 2008

Famo la rivoluzione


Mica vera. Eh. Non ve lo direi mica così, tutti voi lettori e anche voi lettori della digos.
Famo la rivoluzione del calendario. Come quello della rivoluzione francese.
Che aveva questi sei gironi di feste qua, chiamati giorni sanculottidi, che sono delle feste geniali.
La festa della Virtù
La festa del Genio
La festa del Lavoro
La festa dell'Opinione
La festa delle Ricompense
e
La festa della Rivoluzione, il 29 febbraio, negli anni bisestili

Le altre sono tra il 17 e il 21 settembre.
Io, l'anno prossimo, le festeggio.

mercoledì 5 marzo 2008


C'era un bambino che non parlava. Tutti gli esami medici arrivavano alle stesse conclusioni: stato di salute eccellente, corde vocali perfette, sconosciuta la ragione del mutismo.
Il bambino diventò grande. Era ben fatto e robusto, ma continuava a non parlare. Nel corso degli studi ottenne risultati abbastanza positivi negli scritti ma, ovviamente e a ragione, non superò mai gli orali. Tuttavia trovò un impiego discreto, per il quale non c'era bisogno di parlare. Arrivato il momento del servizio militare, fu riformato, giacchè gli esaminatori non riuscirono a strappargli una sola parola. Riprese poi la sua vita normale.
Un giorno, quando aveva ormai ventisei anni e si trovava a casa di un'amica a prendere il the, tutt'a un tratto disse:
"Posso avere ancora un po' di zucchero?"
Immensa la sorpresa dell'amica, che esclamò:
"Ma tu parli!"
Il giovane si limitò ad annuire.
"Ma perchè non hai mai parlato? Perchè, in tutti questi anni, sei rimasto zitto? Perchè non hai detto nemmeno una parola?"
Il giovane rispose:
"Perchè fino adesso è andato tutto bene".

(Dal bellissimo libro "Il circolo dei contastorie - storie, storielle e leggende filosfoiche del mondo intero" di Jean-Claude Carrière)
(La foto, invece, è da questo sito qui, che ne ha un tot belline, ma questa è veramente stupenda)

giovedì 28 febbraio 2008

mehehe :D



La tua età mentale è di 32 anni



Hai una mente abbastanza giovanile, anche se non più adolescenziale. Sei sulla buona strada per diventare un adulto maturo e responsabile! Scrivici se hai apprezzato questo test.



P.S:
  • Davvero non guardi mai la tv? Questo potrebbe essere un grandissimo vantaggio per la salute della tua psiche!

  • Davvero non ami lo sport? Questo non è un modo di pensare salutare... riflettici su!

martedì 12 febbraio 2008


Ehy, voi tutti!

Noi si sta cercando un posto dove andare in vacanza a Pasqua per festeggiare la laurea dell'Omino.


Che c'avete delle idee di posti belli e medio economici?


Preferibilmente esteri, ma se mi dite che in Italia c'è un posto bello bellissimo potrei anche sopportare...

giovedì 7 febbraio 2008

Lo sciaini di gennaio

Lento e inesorabile lo sciaini. Che a gennaio presenta le suddette (sottodette, visto che sono sotto? argh) chicche:

- chi l ha cantante della sigla matrimonio alle bahamas (no, non sta in piedi in nessun modo, ci ho già provato)
- complesso edipo porno
- draco e ginny porno
- foto di uccelli e foto di cosa mangiano (la ridondanza fatta a google)
- giochi che si fanno in classe in ore buche (no comment)
- ho sposato un turco, seguito da
- ho sposato una turca (il che non crea alcun problema)
- il kenya fa schifo
- kgb segreto segretissimo
- matt demon genitori gay
- perchè la luna è romantica
- poesie geometri (?!?)
- racconti con flescbek
- ricerche porno (che è una meta-ricerca)
- varie o varia?
- video bidella quarto piano

Ah, l'onnipotenza di gooooogle!

mercoledì 6 febbraio 2008

Recensione: Dopo il matrimonio


Questo film è oribbile, così non vi fate illusioni.
Ma io ve lo recensisco lo stesso, così, per farvi vedere quanto, sia oribbile.
Dunque.
C'è un danese che fa il fricchettone in India, dove ha aperto un orfanatorfio. E' fricchettone proprio fricchettone, tipo che va in giro a piedi nudi per Bombay e sta sempre e solo con i bambini che oh come li ama. Ama in particolare uno che è un po' tipo un figlio per lui, no?, proprio un figlio. Ha un nome impronucniabile tipo Promod, e otto anni. Anzi, sette e 357 giorni, perchè otto li compie proprio tra otto giorni, veniamo a sapere all'inizio del film.
Ma il danese fricchettone viene richiamato in Danimarca, perchè un filantropo ha deciso di fare una donazione all'orfanatorfio ma deve conoscerlo di persona. "Non posso andare, è il compleanno di Promod", dice il fricchettone. Ma poi va.
Arriva in Danimarca in un albergo superaccessoriato, con sauna e supertv e supervista e supertutto. E noi vediamo dalla sua faccia che il lusso gli fa proprio schifo, che ah come vorrebbe tronare dal suo bimbo Promod e dai suoi altri bimbi.
Stacco.
In una casa aenorme in mezzo al nulla verde delle Danimarca, abiata una famigliola felice, mamma papà e due gemelli ariani che sia io che mia sorella pensavamo fossero femmine ma sono maschi. In più c'è la mamma di lui che gioca a poker su internet tutta notte e un'altra figlia, di vent'anni, che si sta per sposare. Il bravo papà legge le storie ai due gemelli ariani e poi entra nel bagno, dove la moglie, nell'idromassaggio e con un sacco di schiuma, gli fa tutte le coccole e poi finisce che nella vasca ci cade anche lui, tutto vestito, ha-ha, che risate romantiche.
Stacco.
Il fricchettone arriva dal ricco filantropo, proprio quello che vive nella casa aenorme, non ve lo sareste mai aspettato.
Parlano un po', guardano la cassetta dove ci sono tutti i bimbi indiani che fanno ciao ciao con la manina e il filantropo dice "hai un grossa rabbia dentro" al fricchettone, una profonda riflessione. Si mettono d'accordo che il fricchettone andrà al matrimonio della figlia del filantropo, che si terrà proprio il giorno dopo.
Stacco.
Al ricevimento della figlia, si incontrano il fircchettone e la moglie del filantropo, e scoprono di essere reciproci ex-fidanzati. Wow.
Stacco.
Cena con il discorso. Inizia lo sposino, un laido orribile, proprio pessimo. Anche il suo discorso è pessimo, dura mezz'ora e non ci serve a niente per capire la trama del film. Non importa. Poi si alza la sposina, che dice che lo sa che non dovrebbe parlare, che non si usa, ma che lo fa lo stesso per ringraziare suo padre, Jorgen, che è stato proprio un vero padre, anche se le hanno detto che non è suo padre naturale, ma lei gli vuole bene lo stesso. Suspance. Inquadratura sul fricchettone che suda e scappa dallla sala.
Stacco.
Il fricchettone è seduto sul bordo di una piscina e pensa. Arriva una tipa ubriaca che gli propone una notte di fuoco, ma lui la caccia in malo modo, così noi possiamo vedere quant'è scosso dalla notizia.
Il fricchettone va in cerca dell'ex, che gli urla che è scemo, che no che non è figlia sua e che si sentono il girono dopo. Ma noi, che siamo furbi, lo capiamo subito che sta mentendo, e che eccome se è figlia sua.
Stacco.
Il fricchettone chiama mille volte nella hall del'albergo per sapere se ci sono messaggi per lui. Non ce ne sono. Alla fine prende e va nella casa aenorme, dove litigano tantissimo lui e l'ex, e lui scopre che la figlia sì, è sua, e noi scopriamo che si erano lasciati perchè lui beveva troppo ed era un fricchettone, mica come adesso.
La successiva ora di film è occupata dall'outing di tutti i personaggi, uno a uno. Lui inconttra lei, lei incontra lui, lui incontra la figlia, lei incontra la figlia, la figlia li incontra entrambi, lui incontra Jorgen, Jorgen incotnra la figlia che non è la figlia eccetera eccetera. Si crea un simpatico quadretto familiare: lui, lei, l'altro, la figlia stupida e i gemelli.
Jorgen va a pesca con i gemelli che "se no mi diventano froci", testuali parole.
Mentre Jorgen è a pesca, la moglie, iluminata da non mi ricordo quali geniali parole della suocera, capisce tutto. Cerca in ogni dove la chiave della cassaforte, la apre e trova... medicine! Jorgen sta morendo! Ah! Ah! Aiuto!
Stacco.
Jorgen torna. "Perchè perchè perchè non me l'hai detto?" "Stazzittaevattene".
Ok.
Nel frattempo, Jorgen proprone al fricchettone un accordo. 12000 dollari invece di 4000, ma deve amministrarli insieme a sua figlia (sua di entrambi, a questo punto) e deve... stare in Danimarca! Ah! No! Aiuto! Argh! (vd. sopra)
Ma perch perchè perchè, Jorgen sta facendo questo?
Perchè è mmalato!
E non vuole che la sua bella moglie resti sola, e neanche i gemelli, e neanche la figlia.
No no no, il fricchettone deve tornare da Promod, non può lasciarlo solo, già ha saltato il suo compleanno.
E mentre è lì che solo soletto decide il da farsi, e ancora gli risuonano in mente le parole di Jorgen ("bisogna essere in India per ottenere il tuo aiuto?!?"), suona alla porta la figlia, che è distrutta, perchè ha trovato il neomarito a letto con un'altra. Ma tutti inisme superano anche questa catastrofe familiare. E il fricchettone. Il fricchettone capisce che deve restare, che è lì, la sua vera famiglia (lacrimuccia).
Altre inutili scene: il compleanno di Jorgen, la scena di pianto di Jorgen. Il funerale di Jorgen. Fine. Quasi.
Il fricchettone trona in India, da solo. Chiede a Promod se vuole andare con lui a vivere nella casa aenorme in Danimarca. Promod gli dice "i miei amici sono qui e tu puoi venirmi a trovare" e va a giocare a calcio.
Il fricchettone è diventato adulto, e non è più tanto fricchettone. Torna in Danimarca con l'allegra famiglia agiata. Wow. Ora sì che siamo felici.


Tutto questo già ottimo film è coronato da un'ancor più ottima regia, in cui i campi lunghi non sono contemplati, le inquadrature sono preferibilmente sugli occhi o sulle bocche dei personaggi principali e, signore e signori, il the best of:
utilissimi stacchetti naturali, dal profondo siginficato metaforico.
Spiccano, tra questi:
gli animali imbalsamati
gli occhi degli animali imbalsamati
un fiore morto
un altro fiore morto
un fiore con una coccinella
lo stesso fiore senza coccinella
Ah, sì.
Ora sto proprio meglio.

(La foto rappresenta fedelmente la crescita morale del protagonista, perchè vedete, sta ancora bevendo, ma beve dal bicchiere, mica dalla bottiglia, e sono seduti sui gradini sì, ma sui gradini della villa, perchè è importante che sia una villa e non una strada di bombay, e la sua camicia è pulita, e i capelli pettinati, e vedete com'è tutto fantasticamente metaforico?)

sabato 5 gennaio 2008




VOI
SAPPIATE
CHE SONO
DEVASTATA.


... Ma qualcuno mi spiega perchè sulla costa del libro c'è scritto "Landus"?


E questo sito qui è fantasticherrimo.